«Sono già diversi gli investitori che siamo riusciti a convincere»
Bloom Biorenewables mira a fornire a imprese di tutto il mondo un’alternativa ai prodotti a base di petrolio. La start-up di Marly FR sviluppa una tecnologia che permette di utilizzare la biomassa per produrre cosmetici, tessuti o alimenti. Il CEO della start-up, il dott. Remy Buser, spiega perché le piante sono il nuovo petrolio.
Dr. Remy Buser
CEO della start-up Bloom Biorenewables
Il petrolio è ancora fortemente presente nella nostra vita quotidiana. Come pensa di cambiare la situazione?
Buser: Molti non sono consapevoli che il petrolio, ottenuto dal greggio, è contenuto in molti prodotti di uso quotidiano come i cosmetici, i colori o i medicamenti, persino nel cibo. Ma nei prossimi 20 o 30 anni al massimo si dovrà trovare un materiale sostenibile che vada a sostituire il petrolio. A tal proposito, abbiamo sviluppato una tecnologia speciale che può estrarre il carbonio sostenibile dalla biomassa, ad esempio, dalle piante che crescono intorno a noi. Questi biomateriali diventano poi dei sostituti per l’industria chimica o fungono da combustibile, ma un combustibile che, a differenza del petrolio, proviene da fonti rinnovabili. Per il progetto di Innosuisse, ci siamo limitati esclusivamente al legno. Il principio funziona però con tutto ciò che cresce sulla Terra, per esempio erba, paglia, gusci di noci o semi di mango.
Nel dettaglio, come si possono utilizzare le piante come carburante per i processi di produzione chimica?
Il nostro è un processo che scompone la struttura microscopica del legno. Questo cosiddetto frazionamento è paragonabile alla procedura dell’industria della carta, che dal legno estrae principalmente cellulosa. Per noi è importante soprattutto la lignina, un altro componente del legno. La lignina non è così nota, pur costituendo un quarto della massa degli alberi. La lignina ha proprietà simili al greggio. Agisce come una sorta di colla e tiene insieme i restanti componenti del legno.
La lignina è ancora poco utilizzata, viene bruciata o considerata un prodotto di scarto. Noi, invece, la estraiamo e la scomponiamo fino a giungere ai singoli elementi di base. In una struttura diversa, può poi essere riutilizzata come componente chimico, ad esempio nell’industria dei profumi, dei cosmetici, dei farmaci o dei coloranti.
Per capire meglio come si svolge il frazionamento: immagini di avere di fronte un uovo intero. Interpretato come un’unità, eccolo lì duro e chiuso, si può ottenere ben poco. Ma con i singoli componenti si può fare qualcosa di utile, ad esempio preparare una torta. E per prepararla, bisogna aprire l’uovo. Separando bene le singole parti l’una dall’altra, si possono fare molte cose, impossibili se lo rompessimo con una martellata. Noi facciamo la stessa cosa con il legno. Per lavorare con i suoi singoli componenti, bisogna procedere con cautela. Il nostro sistema ci consente di estrarre la preziosa lignina dalla struttura completa in modo tale che possa essere riutilizzata come elemento per l’industria chimica.
Cosa l’ha spinta a cercare un’alternativa sostenibile al petrolio? E perché l’idea non è venuta in mente a nessun altro prima?
Dopo la laurea, sono stato collaboratore scientifico al Parlamento. Lì mi sono occupato soprattutto di questioni ambientali e mi sono reso conto che il grande pubblico non capisce il cambiamento climatico. Io che sono chimico posso ovviamente capire meglio i dettagli, le cause e i nessi del cambiamento climatico.
Ci tengo molto a cercare adesso delle soluzioni. Non possiamo aspettare che tutti quanti si siano resi conto di cos’è il cambiamento climatico. Per questo, tre chimici come noi hanno deciso di creare una propria impresa e di sviluppare un’alternativa sostenibile al petrolio.
Il metodo analitico per capire la biomassa è un metodo maturo solo da qualche anno. È per questo che prima non è stato possibile ricercare la struttura della lignina. Oggi si sa che le piante sono delle grandi fonti di carbonio rinnovabile.
Come vi ha aiutati Innosuisse?
Abbiamo sviluppato il processo di frazionamento in laboratorio due anni fa, e abbiamo saputo dimostrare scientificamente che funziona. Sul piano commerciale, però, era necessario compiere passi avanti. Per fare affari con l’industria chimica, è importante produrre su larga scala.
Grazie al sostegno di Innosuisse, abbiamo avuto la possibilità di collaborare con l’Istituto di tecnologia chimica (Istituto ChemTech) della Scuola universitaria professionale di ingegneria e architettura di Friburgo. Prima che il progetto prendesse il via nel 2019, riuscivamo a estrarre la lignina in reattori con una capacità massima di dieci litri. Con l’impianto chimico di Friburgo, siamo riusciti a eseguire il processo su un impianto da 630 litri.
Ma la messa in scala è un’impresa ardua. Mi permetta di fare un altro paragone tratto dalla vita quotidiana: non è la stessa cosa cucinare spaghetti alla carbonara per quattro persone o per 400. Qui sorgono improvvisamente interrogativi ben diversi: come si scola la pasta o come si incorporano le uova al sugo? Delle dimensioni maggiori rendono il processo molto più impegnativo. Nonostante il principio di base sia lo stesso: bisogna per così dire reinventare il processo, adattare le misure di sicurezza, cambiare le procedure.
La cooperazione con l’istituto ChemTech significa molto per noi. Le conoscenze specialistiche e la dimensione industriale che ha conferito la scuola universitaria professionale ci sono state utilissime. Se non fosse per Innosuisse, la nostra impresa probabilmente non esisterebbe. Il suo sostegno è cruciale per lo sviluppo economico, essa accelera l’innovazione.
Quali sono i suoi prossimi obiettivi?
L’industria petrolifera è un’industria di grandi volumi e lavora con quantità inimmaginabili. Con il nostro volume di produzione di 630 litri, siamo ovviamente ancora lontani dal poter lavorare commercialmente con la nostra tecnologia e convincere l’industria a cambiare. Per ora, continuiamo a produrre con lo stabilimento ChemTech di Friburgo.
È il momento giusto per trovare delle alternative. Fortunatamente, non siamo i soli a pensarlo: grazie al progetto di Innosuisse, siamo riusciti a convincere diversi investitori. Nel 2022 e 2023, convalideremo i mercati e cercheremo partner commerciali. Abbiamo intenzione di costruire un impianto di produzione piuttosto grande al Marly Innovation Center (MIC), su quella che era un’area di Ciba-Geigy.
Il petrolio domina il mercato ormai da decenni. Quanto sarà competitivo il vostro prodotto un giorno?
Molti consumatori e molte consumatrici sono certamente sensibili alle questioni ambientali e vorrebbero anche condurre una vita più sostenibile. Ma per i più è difficile capire come agire. È una questione molto complessa.
E anche il prezzo è un aspetto importante. La produzione di petrolio esiste da 150 anni, tutti i processi sono ormai ottimizzati. Sviluppare un nuovo processo è ovviamente più costoso. Ma potremo produrre a prezzi comparabili solo quando raggiungeremo le stesse scale dell’industria attuale. I nostri modelli indicano che è teoricamente possibile.
La chimica rinnovabile si trova nel punto in cui si trovava la produzione di celle solari negli anni ’80. Negli ultimi 30 anni le celle solari sono diventate nettamente più convenienti.
La strada che porta alle alternative sostenibili ha funzionato in passato, e funzionerà ancora. Ma ci saranno molte altre aziende che dovranno percorrere questa strada. E non solo nel software, ma anche nell’hardware: invece di soluzioni digitali, ci vogliono sempre più alternative concrete per materiali rispettosi del clima. Proprio come per la corrente: per poter utilizzare l’elettricità sostenibile, bisogna prima costruire dighe o impianti solari. Il problema del cambiamento climatico può essere risolto solo con l’hardware.
Sostegno fornito da Innosuisse
- Assegno per l’innovazione
- Start-up coaching: Core coaching
- Mentoring per l’innovazione
- Progetto d’innovazione senza partner attuatore (progetto precedente)
- 2 progetti d’innovazione con partner attuatore (progetti in corso)